La burocrazia presente negli enti locali è un peso paralizzante per le imprese e opere pubbliche. Sarà molto difficile gestire le ingenti risorse dei fondi europei del next generation EU se il governo centrale non interviene sul versante degli appalti. Ma il problema vale per tutte le risorse che devono essere spese dagli enti locali. La normativa del Codice degli appalti è strutturata in modo troppo rigido. E’ complicata da applicare. Con 50 atti attuativi di difficile lettura che nello spirito del legislatore dovevano sostituire il pregresso DPR 207/2010. Il codice degli appalti per come è declinato rallenta l’azione amministrativa. Dalla materia del sub appalto ai poteri dell’Anac difficilmente attuabili (si pensi solo alle linee guida), dall’iter infinito dei livelli di progettazione, dall’avvalimento all’appalto integrato, dai criteri di valutazione delle offerte al sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e dell’albo dei commissari. Illogico, ancora per esemplificare, che non sia consentita la partecipazione alle gare di chi abbia già prestato ( in modo positivo) la propria opera in favore della stazione appaltante. La parte più farraginosa che genera patologie è quella della esecuzione dell’opera. Ancora per esemplificare se l’impresa è in difficoltà o se occorrono varianti o le risorse sono insufficienti si ferma tutto. Da qui la ragione del rallentamento e/o delle opere incompiute. Serve abolire il decreto legislativo sostituendolo con le disposizioni contenute nelle direttive europee del 2014 e la normativa ( già esistente) antimafia. Al contempo semplificare le procedure con riduzione dei formalismi, utilizzo più flessibile degli affidamenti, specializzare le stazioni appaltanti, diminuirne il numero e attribuire loro maggiori poteri e discrezionalità.