Lasciamo il 2021 accompagnati anche questa volta dal covid, da questa essenza di virus che entra nel nostro corpo e nel mutare continuamente non vuole lasciarci.
Dobbiamo riconoscere che Sassari si è difesa bene e ha dimostrato di essere responsabile dando prova di senso di comunità e civismo. L’attenzione deve rimanere massima perché i rischi rimangono sempre elevati. Ci sono tutti i presupposti per credere che Sassari possa uscire da questa esperienza più forte e coesa.
Tutto quello che si sta facendo come Amministrazione è tracciare un percorso, perché Sassari ritrovi la propria vitalità come Città capoluogo del nord Sardegna.
Sono stati avviati importanti progetti e finanziamenti, sul piano delle infrastrutture, della riqualificazione e dei lavori pubblici.
Ogni cosa va contestualizzata e valutata sempre sulla base delle origini e dei dati di partenza. Quella ereditata dalla Giunta del Sindaco Campus nel 2019 è(ra) connotata da enormi criticità: scarsa dotazione del personale, scarsa dotazione informatica, limiti alla capacità di spesa, debolezza della macchina amministrativa, errori di visione della precedente amministrazione a cui si sta ponendo rimedio. Ci vuole però tempo. Si pensi solo ai “minus” progetti del bando periferie, alle piste ciclabili in zone impossibili, ai sovrappassi e parcheggi inutili.
Per rilanciare Sassari e dare un volto diverso e migliore, 5 anni di legislatura non bastano. I segnali di un intenso e positivo lavoro ci sono e lo dimostrano i tanti finanziamenti richiesti e ottenuti, da Pinqua per il centro storico agli interventi idraulici per mettere in sicurezza la Città, alle gare di progettazione in corso sui lotti che riguardano il Centro intermodale, all’approvazione del progetto esecutivo del mercato civico, l’avvio della redazione del Piano Urbano di Mobilità sostenibile, l’avvio dei lavori su viale Trento e il fatto che Sassari può ora annoverarsi come prima città in Sardegna come capacità di amministrare e tra le prime 30 in Italia.
Il punto su cui credo sia importante riflettere è che gli obiettivi di un ente locale possono essere conseguiti solo vi è sintonia tra i poteri delle amministrazioni e gli organismi istituzionali.
Mi riferisco in particolare alla macchina amministrativa dello stato centrale, della regione e quello locale e territoriale. E qui viene il punto dolens su cui credo ci sia ancora una insufficiente riflessione da parte del legislatore nazionale e regionale. Si discute del Pnrr e su come spendere le risorse. E ci sta, va bene. Continua però a rimanere dietro le quinte la cosa più importante, il cuore pulsante di tutto. Si registra una lentezza esasperante dell’azione ammnistrativa che poi ovviamente si ripercuote sui servizi e risposte ai cittadini, da quello locale ai temi della sanità, giustizia, scuola.
Bisogna chiedersi perché questo accade. Non si può ridurre tutto in modo superficiale all’incapacità di questo o quel politico o amministratore sui vari livelli regionale o nazionale.
Il problema sta a monte, ed è legato agli ingranaggi della macchina amministrativa.
Si rende necessario intervenire sulla burocrazia. Che è la causa dei problemi sui temi più importanti- e lo dimostra il fatto che ad ogni nuovo intervento normativo -basti pensare ai diversi codici appalti che si sono succeduti o alle riforme sul processo civile e o penale , – i problemi permangono tali e uguali a prima. Si pensi solo che il vecchio codice degli appalti del 2006 fu modificato più di 200 volte. E anche quello attuale del 2016 sta seguendo lo stesso destino.
La modernizzazione dell’Italia passa per la semplificazione della Pubblica Amministrazione.
Il buon andamento della azione amministrativa presuppone necessariamente l’equilibrio e la corretta amalgama dei poteri.L’armonia delle funzioni legislative e amministrative. Mentre vi sono sovrapposizioni di competenze tra potere centrale e regionale.
Norme, decreti, vincoli complicati da leggere e da intrepretare per tutti, giudici e avvocati, figuriamoci per un politico senz’armi finito a fare l’amministratore. Servirebbe a volte un master di specializzazione per esaminare nello specifico le soluzioni che di volta in volta vengono proposte e imposte da Bruxelles a Roma. La conseguenza è lo stato di recessione del sistema e l’inceppamento degli ingranaggi della macchina della pubblica amministrazione e quindi del Comune.
Servono tempi certi e veloci, con una semplificazione della normativa e della burocrazia.
Non è pensabile per esempio che il Comune con le sole proprie entrate sia in grado di far fronte alla manutenzione straordinarie delle strade. Ovviamente l’esigenza può mutare a seconda dell’ente locale e delle sue dimensioni territoriali. Sassari ha un territorio vastissimo di strade, tra urbane e extraurbane di circa 700 km che devono essere curate e mantenute. Ciò significa che sul piano del potere centrale e della erogazione delle risorse, occorre una rivisitazione circa l’importanza di questa tipologia di sostegno finalizzato alla manutenzione delle strade. A questo fine occorre prevedere un canale specifico di apposite risorse finanziarie e un iter accelerato per la cantierabilità immediata dei lavori.
E’ inoltre essenziale per il Comune poter disporre di capitale umano. Per realizzare le opere e i progetti del PNRR ma anche per la loro successiva gestione. L’intervento statale deve inoltre incentrarsi sul potenziamento delle risorse in favore di nuovo personale anche in funzione della programmazione e progettazione delle gare per appalti di opere, forniture e servizi.
Negli appalti serve poi ridurre e accorpare i livelli di progettazione. Renderli più semplici. Non si può subordinare rigidamente, come succede oggi, l’erogazione di un finanziamento alla esistenza di una progettazione esecutiva e/o definitiva, quando servono semmai le risorse per avviare i progetti di fattibilità tecnico economica. Ci vuole un alleggerimento e la giusta flessibilità normativa per consentire la spendita delle risorse a seconda dell’esigenza concreta. Il finanziamento deve essere concesso e modellato in base a ciò che il territorio richiede, verificando se funzionale alla elaborazione del progetto di fattibilità tecnico- economica, alla progettazione esecutiva o alla esecuzione dei lavori. La normativa e i regolamenti sono invece ottusamente fissi, accade di sovente che molti finanziamenti non sono facilmente accessibili per accedere ai livelli di progettazione richiesti. L’eccessiva rigidità regolamentare genera ritardi, l’ azione diviene inefficace o inefficiente e l’epilogo diviene il mancato raggiungimento degli obiettivi.
Occorre adeguare il codice appalti e i regolamenti a questa flessibilità. Il codice degli appalti vigente è sclerotizzato laddove le norme rinviano agli atti secondari ognuno dei quali deve essere redatto, deliberato e attuato. Insomma uno strumento da prova dei nervi.
Altra criticità ancora per esemplificare è quella dei prezziari: questi non vengono aggiornati nei tempi previsti, tra l’approvazione del progetto e l’esecuzione dei lavori passano anni e quindi accade che l’appalto si porti dietro prezzi impossibili per l’impresa e ciò è concausa di difficoltà economiche se non peggio per le aziende.
Sul versante delle politiche sociali la programmazione regionale è rigida ed entra esageratamente nel dettaglio con criteri e parametri fissi, preconfezionati, senza lasciare spazio ai bisogni del Comune. Sebbene il bisogno possa variare in quantità o qualità, dall’handicap, agli anziani, minori, alle misure sulla povertà ecc. Una programmazione delle politiche sociali deve tener conto di tutte queste esigenze. Accade invece che la Regione prima legifera e poi amministra con una pianificazione standardizzata fino a raggiungere i dettagli. L’errore qui nasce dalla cattiva riforma del titolo V della costituzione che andrebbe rivista nella rimodulazione dei poteri tra Stato centrale, Comuni e perimetrazione del ruolo della Regione, la quale dovrebbe ritornare a fare quello per la quale è nata, con ampliamento e disciplina ordinata dei poteri di programmazione in favore del Comune e dell’ambito sovracomunale. La Regione invece ha assunto questo anomalo ruolo omnivoro, di legislatore , amministratore e gestore e poi chiede all’Ente locale di limitarsi ad eseguire passivamente.
Gli Ambiti del plus sul sociale dovevano servire a calare i problemi nella realtà del territorio, a trasferire la gestione. Ma giuridicamente sono tuttora un ibrido poco chiaro, non sono mai decollati e si attende ancora lo sviluppo e il potenziamento. Anche in questo caso se la programmazione è sganciata dai bisogni della singola area territoriale l’azione amministrativa non può essere né efficace né efficiente.
Esempi ce ne possono essere tanti. Pensiamo anche al reddito di sostegno e/o di cittadinanza, in linea generale strumento utile, ma necessita di correttivi.
La normativa di co-gestione è farraginosa. E’ gestito da troppi enti o autorità, una varietà di poteri che si intersecano e si sovrappongono. Accade che l’uno non sa dell’altro. Comune, Centro per l’impiego, Inps, Regione, Attori del privato sociale. Ne deriva una mancanza di coerenza per cui si sommano confusamente interventi nazionali e regionali: da un lato il reddito di inclusione Sociale, dall’altro il reddito di cittadinanza. Una sorta di duplicazione come se provenissero da poteri distanti e autonomi, da cui scaturiscono difficoltà di gestione e di indirizzamento al centro per l’impiego oppure ai servizi sociali. Tante risorse, ma poche se da destinare in favore degli uffici del comune per mezzi e personale (come di ogni ente locale) per l’adeguata attuazione dei progetti di pubblica utilità, ai cui si aggiunge la macchinosità della procedura di attivazione dei progetti. Ciò spiega perché i progetti di pubblica utilità sono pochi rispetto all’entità delle risorse messe in campo. La rimodulazione delle risorse ai fini dei patti per l’inclusione sociale deriva dal potere centrale o regionale. Anche in questo caso tra decreti, norme e normicciatole varie di ogni specie, sovrapposizione di ruoli, la macchina rallenta. Come viaggiare con il freno a mano tirato.
Bisogna infine (ma non per ordine di importanza) pensare a potenziare fortemente la scuola della pubblica amministrazione per investire su alti dirigenti e funzionari preparati che abbiano un ruolo fondamentale nella gestione del Paese. Soprattutto dando assoluta priorità al merito e ai migliori.
Sassari è un territorio ricco e importante e l’Italia è un grande paese che può contare su tanti punti di forza sociali, culturali ed economici. Possiamo viaggiare con marce più spedite se solo siamo uniti e determinati e mettiamo a fuoco i veri problemi e le cause.
Ora abbiamo il Pnrr che è misura straordinaria. Ma con queste regole attuali e l’eccessiva burocrazia, se non si accelera in modo drastico sul versante della riforma della pubblica amministrazione con la rivisitazione e rimodellamento dei poteri, con norme più semplici e meno numerose, sarà difficile e complicato gestire le ingenti risorse europee.
Tanti Auguri di Buon Anno
Dicembre 2021
gianfranco meazza