Il 25 aprile deve aiutare a pensare l’Italia, a come si è sviluppata la sua storia di paese sconfitto dalla guerra e a come ha vissuto il frastagliamento ideologico di divisioni e lacerazioni sociali.
Il 25 aprile non rappresenta solo la liberazione dell’Italia dal fascismo.
Al di là delle sommarie e superate questioni di antagonismo tra fascismo e antifascismo, rappresenta l’inizio di un nuovo percorso storico di democrazia.
Il 25 aprile è il percorso con cui si è giunti ad approvare la Carta Costituzionale, sintesi illuminante di un confronto tra visioni sociali differenti, di passione storica, di antagonismi, rivalità ideologiche.
E’ questo ciò che è stato condiviso dagli italiani in un momento delicato della storia d’Italia.
Si tratta di un modello di visione politica, economica e sociale. Che cosa significa?
Significa secondo le parole di uno dei Padri fondatori Piero Calamandrei “….. tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane….”.
Un modello di convivenza per la tutela della persona “ diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2); per difendere “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale (art. 2); ove compito fondamentale in questa convivenza è “rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3); per attuare ogni azione “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” (art. 4) e “La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali” (art. 5).
C’è da chiedersi che cosa si sta facendo per difendere il 25 aprile e attuare la Costituzione.
Certo, è vero che le Costituzioni possono esaurire il loro destino storico, non sono eterne. Come ogni cosa può avere un inizio e una fine e si può optare per un altro modello di convivenza. Tutto dipende da noi “…la Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità…” (Piero Calamandrei, 26 gennaio 1955).
Ma chi può disporre l’abrogazione di questi principi se la volontà, salvo smentite diverse, appartiene al popolo?
Se questo è vero da qualche decennio a questa parte si deve registrare una lenta e continua sovrapposizione dei principi della Unione Europea che nelle parti essenziali sono in aperta antitesi con l’attuazione della Costituzione.
Per come si è sviluppato tutto l’impianto normativo dell’Unione Europea sino al Trattato di Lisbona, il modello sociale ed economico si regge sull’individuo e sulla superiorità del libero mercato.
Nel trattato di Lisbona all’art 2 si legge che l’Europa instaura un mercato interno “…. basato…. sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva….”.
Una costruzione giuridica quella dell’Unione Europea senza precedenti nella storia istituzionale mondiale. Non si è mai visto un organismo sovranazionale che possieda una moneta unica senza un fisco comune e soprattutto senza avere a monte una sovranità politica. E’ il neoliberismo sovrano sganciato da ogni altro potere che non sia quello economico e finanziario. Dove è maggiore l’ambito delle speculazioni finanziarie rispetto all’economia di produzione di beni e servizi. In questo scenario i cittadini sono totalmente asserviti alla macchina del neoliberismo e succubi di ogni evento che non dipende più da loro.
Come se la sovranità politica sia un surplus a fronte del fine dell’Unione Europea che è l’”homo economicus”. La nostra vita dipende dal mercato.
Il potere senza Stato, in mano alla sola legge di mercato, a cui si aggiunge l’iperburocratizzazione e l’ossessiva sovra regolamentazione che genera la paralisi delle imprese, del taglio della spesa pubblica, del pareggio di bilancio, della (s)vendita del patrimonio dello Stato, la privatizzazione dei servizi pubblici. La sanità, la cultura e l’ istruzione come comparti sussidiari rispetto all’economia e alla finanza.
Non è la stessa cosa di ciò che la Costituzione sancisce.
Ecco perché il 25 aprile serve a non dimenticare.
I cittadini dovrebbero essere coinvolti nelle scelte essenziali per l’intera Comunità, se non si vuole tradire quella alleanza che con pazienza i nostri Padri costituenti hanno costruito. Alleanza da cui si è originata la Costituzione che costituisce un Programma, un ideale, una speranza, purtroppo rimasta ancora sulla carta e che deve essere ancora attuata.
Rispetto a questo fine che dobbiamo perseguire è necessario raffrontare i modelli ordinamentali di convivenza. Per rivisitare e ripensare all’Europa e chiedersi se e in che termini si possa ricostruire una diversa Europa federata o confederata, coerente e aderente ai nostri principi fondamentali della tutela dei diritti della persona e del modello di economia sociale, dove lo Stato debba e possa, ove necessario, a tutela dell’interesse della Comunità intromettersi nelle dinamiche economiche e in alcuni casi avere il controllo e vigilare efficacemente sul sistema economico e finanziario.
Aprile 2022,
Gianfranco Meazza