L’Unione Europea si propone gli obiettivi della promozione di uno sviluppo armonioso ed equilibrato, di una crescita sostenibile e rispettosa dell’ambiente, di un elevato grado di convergenza, di occupazione e protezione sociale, del miglioramento della qualità della vita, della crescita economica e sociale, della solidarietà tra Stati membri (art. G 2 TCE).
Il problema però è capire con quali strumenti l’Unione Europea ha inteso raggiungere questa meta che solo in teoria è altamente apprezzabile.
Se guardiamo agli strumenti utilizzati, emergono tutti i limiti di una Europa impotente e fragile.
Per questo fine i Trattati europei prevedono il percorso della libera concorrenza e del regime di mercato.
Il regime di mercato è funzionale alla produzione della merce, merce da vendere, alla contrattazione commerciale, alla moneta unica necessaria per generare produzione. Siamo tutti pervasi dal regime dell’economia di mercato e, anche i settori più propriamente pubblici della tutela dell’ ordine, della sicurezza personale, della sanità, dell’istruzione, dell’ambiente, delle infrastrutture, non sfuggono da questo avvolgimento.
Gli strumenti utilizzati si fondano su un processo dove esistono solo gli individui e le imprese che devono svilupparsi come produttori.
Tutti devono partecipare al mercato come produttori e consumatori.
Il prodotto interno lordo, l’indebitamento, il debito. ( art. 126 TFUE, ex art. 104 TCE). Sono questi gli elementi dell’impianto normativo europeo che devono segnare il percorso della produzione, della libera concorrenza e del mercato aperto.
I Trattati disciplinano un impianto normativo complicato e articolato.
Il contenuto è altissimamente tecnico e di conseguenza chiunque lo studi deve parimenti avere una preparazione altrettanto tecnica, pena l’incapacità a comprendere.
L’impianto normativo dell’ Unione Europea è strutturato in modo rigido e, a monte, manca l’ autorità di governo politico, di uno Stato con poteri di discrezionalità in grado di orientare e finanziare la crescita e di assumersi la responsabilità politica nei confronti della collettività.
Non esiste un vertice, un potere di ultima istanza. In sostituzione di quello che storicamente era lo Stato nazione sono stati creati organismi frammentati, istituzioni, e complesse norme tecniche che, nel supplire alla assenza dello Stato e della politica, viaggiano in tendenziale autonomia senza il controllo e la sovrintendenza degli stessi organismi così istituiti.
Questi organismi (Consiglio Europeo, Commissione, Parlamento, Direttive, Regolamenti) dotati di poteri e competenze si muovono con autoreferenzialità, vivono di automatismi, di una normativa soffocante che assorbe l’organismo stesso, di parametri, di indicatori statistici, percentuali, tutti uguali per tutti gli stati membri, ciò che va a stridere in modo eclatante con le economie dei singoli stati membri ( e dei suoi territori) che portano con sé andamenti variegati.
Ogni Organismo fa quello che dice la norma tecnica. E’ la norma tecnica che comanda, orientandosi verso il mercato che si deve autoregolamentare. Dove si ferma per competenza un Organismo, fa l’altro, sempre nell’ambito di un rigido automatismo e seguendo un percorso già fissato.
E’ così che l’Unione vive, come una macchina robotizzata. Secondo obiettivi precostituiti mette in movimento questi Organismi che dovrebbero intersecarsi tra loro. Non si può andare oltre l’obiettivo prestabilito.
Se lo Stato membro non riesce a raggiungere gli obiettivi che erano stati prefissati e chiede aiuto (aiuto “salva stati”) perché non ha i conti in ordine, scatta l’automatismo della normativa che impone una serie di azioni e di imposizioni.
All’apparenza l’imposizione veste la forma elegante del suggerimento, poi, se si si va a leggere meglio diviene raccomandazione. Ma ad una migliore messa a fuoco la raccomandazione non è altro che una vera imposizione.
In questa situazione poco può fare il singolo Stato membro.
Avendo lo Stato membro rinunziato a parte significativa della propria sovranità deve soggiacere alle imposizioni che provengono dall’impianto di sistema governato dal mercato.
Se le cose vanno bene significa che i ricavi superano i costi, quindi vi è remunerazione e si può andare avanti. Se invece i costi prevalgono sui ricavi e non sussistono margini di remunerazione saltano i parametri prefissati e non si può procedere. Siccome il sistema non si può alimentare per mancanza di redditività, deve essere il mercato stesso ad espungere dal processo produttivo quei beni e servizi in perdita. Ogni singolo Stato membro diviene impotente a reagire perché l’intero processo è standardizzato, governato da regole di tecnica economica ove la discrezionalità è ridotta al minimo.
L’eventuale soccorso in favore dello stato membro in caso di richiesta di aiuto veste solo in apparenza la forma della “ solidarietà”. Di fatto si tratta di prestiti “del mercato” finalizzati a ridurre l’indebitamento ma ad accrescere il debito. Le sole regole asettiche del mercato non sono in grado di perseguire gli obiettivi dei Trattati per la crescita e il benessere sociale ed economico.
Un sistema del genere – pur con tutti i correttivi -è destinato ad implodere perché manca della linfa vitale del senso di comunità e identità.
Come uscire da questo circolo vizioso ove i singoli Stati membri sono precipitati?
Serve una presa di coscienza e consapevolezza degli enormi errori commessi nel passato.
Un simile impianto così singolare- non potendo reggere perché esposto alle dipendenze di tanti fattori esterni, è già destinato al declino e a frammentarsi con gravi effetti sul piano economico e sociale. Dobbiamo auspicare che i governanti più illuminati avviino un nuovo percorso finalizzato a rivisitare i Trattati, rifare un passo indietro, magari ripartire dal Trattato del 25 marzo 1957, ricostruire una nuova architettura istituzionale dell’Europa per eliminare assurdi vincoli giuridici. Guardare soprattutto ad un Unione Europea federata o confederata ove sia la politica a guidare e governare le regole dell’economia e della finanza.
Una Comunità ha bisogno di una guida politica e sovrana per garantire libertà e solidarietà.
Perchè senza solidarietà nessuna libertà è sicura.
Maggio, 2022
gianfranco meazza