Il 2 giugno 1946 nasceva la Repubblica italiana.
Il popolo italiano veniva chiamato a scegliere tra Repubblica o Monarchia. Vinceva la Repubblica -ove prevaleva sopratutto in Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto- con un leggero scarto: 12.672.767 voti rispetto ai 10.688.905 della Monarchia.
In Sardegna prevaleva la Monarchia con 319.557 a fronte dei 206.098 voti repubblicani, come anche in altre realtà come Lazio, Abruzzo e del sud, come Napoli, Palermo, Messina, Bari.
Si è trattato di una svolta, per la prima volta votavano anche le donne.
Fiorivano i sogni risorgimentali.
Scelta la Repubblica, dopo oltre 80 anni di Regno dei Savoia, dopo 20 anni di fascismo e due tragiche guerre, occorreva fare i repubblicani, avviare la costruzione della pacificazione nazionale in un contesto di lotte, di pregiudizi, timori, in un Italia priva di entità statuale, fragile e contrastata, ove forte rimaneva l’istinto al conservatorismo, divisa anche geograficamente e sotto protettorato internazionale.
A distanza di 72 anni, tanti passi avanti sono stati fatti, la Repubblica ha reso il nostro paese moderno, siamo però ancora il paese della logica partigiana, in cui l’adesione al gruppo, al partiti, al clan o alla famiglia assume un valore di riferimento a scapito dell’interesse generale.
Volgere lo sguardo a questa data è fondamentale per la nostra storia, per ricercare la comune memoria di appartenenza, significa come è stato bene scritto “…riuscire a rendere visibile ciò che è nascosto, riuscire a comporre la sfaccettata, molteplice realtà delle molte Italie in un volto solo…..rifare il nostro passato, da quello più antico a quello più recente, conciliandoci con esso ed accettando di riconoscerci in esso, senza più la preoccupazione di scartare ciò che ci appare buono da ciò che ci appare meno buono: che è premessa impossibile per una qualunque identità condivisa. Certo anche nel passato ci furono il bene e il male, ma entrambi sono passati, appunto non esistono più con le passioni e gli odi che furono allora capaci di suscitare e chiedono solo, perciò, di essere compresi per ciò che vollero dire e seppero fare e per i problemi che ci hanno lasciato.
A risolvere i quali ci servono quello Stato e quelle classi dirigenti che sono il fulcro di una moderna identità nazionale. Questa deve precisamente servire ad organizzare e comporre le molteplici forme della semplice identità italiana, in una moderna compagine all’insegna della salvaguardia dell’individuo, della tutela dell’interesse generale, del rispetto delle leggi, sicchè quelle forme stesse possano alla fine produrre più fecondi indirizzi di vita, alimentare personalità più libere, più complete più umane, radicare nella collettività un sentimento di solidale benevolenza: possano far sorgere, cioè, quella patria italiana che ancora ci manca”. (Da “L’Identità Italiana” di Ernesto Galli della Loggia).
Giugno 2023
Gianfranco Meazza