Il pensiero del liberalismo si pone in antitesi strutturale con il principio supremo secondo cui la libertà si fonda sul rapporto sociale che è il principio su cui si regge la nostra Costituzione.
La libertà si fonda sul rapporto sociale non sull’individuo.
La complessa e articolata normativa dell’Unione europea invece si regge sul liberalismo.
Il regime di mercato è funzionale alla produzione della merce, merce da vendere, alla contrattazione commerciale, alla moneta unica necessaria per generare produzione. Tutta la normativa europea è pervasa dal regime dell’economia di mercato e, anche i settori più propriamente pubblici della tutela dell’ordine, della sicurezza personale, della sanità, dell’istruzione, dell’ambiente, delle infrastrutture, non sfuggono a questo avvolgimento.
Gli strumenti utilizzati si fondano su un processo dove esistono solo gli individui e le imprese che devono svilupparsi come produttori.
Tutti devono partecipare al mercato come produttori e consumatori.
Il prodotto interno lordo, l’indebitamento, il debito (art. 126 TFUE, ex art. 104 TCE). Sono questi gli elementi dell’impianto normativo europeo che devono segnare il percorso della produzione, della libera concorrenza e del mercato aperto.
Nel sistema dell’Unione Europea non esiste un vertice, un potere di ultima istanza. In sostituzione di quello che storicamente era lo Stato nazione sono stati creati organismi frammentati, istituzioni, e complesse norme tecniche che, nel supplire alla assenza dello Stato e della politica, viaggiano in tendenziale autonomia senza il controllo e la sovrintendenza degli stessi organismi così istituiti.
Ma quali sono gli elementi costitutivi e fondanti il liberalismo?
Il liberalismo si fonda sulla libertà dell’individuo.
L’individuo libero nel vero senso del termine, deriva da “liber”, ovvero fare ciò che piace. Alla base di questo pensiero vi è la convinzione che l’essere umano è individuale non sociale, è potenza libera di crearsi come meglio crede o piace, ove l’individuo viene prima di tutto, è centro e criterio di giudizio universale.
La società che ne deriva è un aggregato di individui , ove ognuno è intestatario di diritti, ciascuno può decidere di distaccarsi dalle determinazioni della vita , della propria origine, decidere che la propria identità possa sottrarsi dall’ordine naturale della vita e delle cose.
L’ individuo è proprietario di se stesso e delle cose di cui decide di avere.
Non si appartiene ad una famiglia, ad un territorio, ad una nazione ma solo a sé stessi “ io sono ciò che scelgo di essere”.
Sul piano giuridico dire che l’individuo è il centro di tutto significa che i diritti devono nascere solo in funzione di se stesso.
Il diritto di cui l’individuo è titolare diviene mezzo per perseguire i propri interessi. Le azioni che valgono sono quelle che riguardano i rispettivi interessi di “proprietà” che devono essere negoziati sul piano dei rapporti tra consociati.
Nell’idea liberale l’istituzione pubblica è neutra. Essa interviene solo per regolamentare come in una contesa sportiva il rapporto tra parti che rappresentano la somma di individui tutti aspiranti ad acquisire e incrementare propri interessi, con altrettanti differenti o opposti o analoghi interessi, tramite il confronto da cui ne scaturisce lo scambio commerciale e il contratto che ne sancisce contenuto, diritti e obblighi.
Il legame sociale si riduce alla coesistenza finalizzata alla negoziazione tra la somma di individui, per gestire, rivendicare, conquistare concertare, rinunciare, transigere, interessi di proprietà.
Nel pensiero liberale il mercato è il campo ove si svolge la contesa.
Il capitalismo non è altro che il più grande paradigma della visione di cui sopra.
L’emancipazione umana e la libertà sono raggiungibili con l’economia, sganciate da ogni appartenenza territoriale e di luogo. L’intera società è ridotta ad economia e tutte le vicende umane sono subordinate alla produttività e redditività.
Il capitalismo è diventato un fatto sociale che ingloba l’intera esistenza, un modo di vivere ove le relazioni umane sono in funzione del mercato.
Ciò che connota il capitalismo è far crescere l’individuo e fargli consumare beni materiali oltre il semplice bisogno. Crescita economica e consumo fanno innalzare il livello di vita e il benessere e ci si illude che così si raggiunga la felicità. In questo scenario di vita viene disconosciuto il senso della politica.
Il liberalismo e la sua attuazione concreta che si manifesta nel capitalismo non può riconoscere la politica e la democrazia come governo della Polis.
Da qui ne deriva una ontologica antitesi tra le due forme di pensiero.
Di converso alla base del concetto di politica e di democrazia vi è l’etimologia del termine “polis”.
La politica è una attività che concerne l’impegno per la collettività, impegnarsi per un bene comune significa andare oltre la somma dei singoli interessi particolari degli individui e coincide con l’entità dell’interesse generale.
E’ intrinseco nel concetto di politica l’appartenenza alla Comunità, ad un bene comune. Riconoscendo la sussistenza dell’entità dell’interesse generale l’individuo si pone al servizio della collettività e crea le condizioni per il legame e la relazione sociale.
Il liberalismo capovolge lo scenario perché dalle sue fondamenta genetiche non può che disconoscere l’appartenenza al bene comune.
In questa forma di pensiero l’individuo non può appartenere alla polis ma a sè stesso. L’individuo è padrone solo di se stesso e non esiste un bene comune fuori da se stesso, perchè ciò che conta è solo l’individuo che è posto al centro, l’individuo come essere economico.
La conseguenza è che la Polis esce di scena.
Ciò che dovrebbe essere comune si disgrega perché si mette al servizio degli interessi particolari che dominano la vita dei consociati. La politica come attività di interesse comune si frammenta e viene travolta dalla serie inarrestabile di interessi particolari, connotati dalla natura economica che si confrontano e scontrano in una tensione e lotta volta a conquistare posizioni di dominio ove a prevalere saranno gli interessi economici più forti.
E’ quello che noi stiamo oggi vivendo.
Occorre consapevolezza degli enormi errori commessi nel passato e della visione miope o interessata di chi ha governato l’Italia.
In una società realmente democratica nessuno deve essere lasciato indietro e ciascuno deve essere messo nella condizione di sviluppare la propria personalità in modo libero, di vivere senza perdere la dignità umana.
Si perde la libertà e la dignità umana laddove le persone perdono il controllo degli strumenti dell’economia e non hanno più la possibilità di essere attori responsabili e partecipare attivamente ai processi di produzione del lavoro, quando il loro destino è stato già deciso da forze che detengono il monopolio del potere economico senza doverne rendere conto. (Art. 1, 2 e 3 Cost.).
Gianfranco Meazza, ottobre 2023