Le elezioni comunali di Sassari fissate per il prossimo giugno si avvicinano, meritano una riflessione anche per chiarire alcune questioni che ritengo essenziali.
In questi anni ho partecipato al governo della Città dentro una coalizione che nasceva con due elementi costitutivi di fondo:
1. nasceva per cementare le migliori energie che Sassari potesse dispiegare per uscire dal vortice di declino cui era precipitata, fuori da logiche partitiche tradizionali in quel tempo asfittiche e miopi;
2. per sganciarsi da valutazioni preconcette o da pregiudizi ideologici che potessero condizionare la qualità del programma che doveva guardare solo all’interesse di Sassari.
I tratti essenziali per il conseguimento di risultati positivi di una coalizione politica – qualsiasi natura e valenza essa assuma- che si candidi al governo della città o di un paese sono, da un lato, di creare senso di coesione in una visione ampia e comune di interessi generali, dall’altro, di essere capace di incidere ed essere efficace sul piano dell’operato amministrativo.
Si badi bene che questi due elementi non viaggiano sempre di pari passo: esistono governi o coalizioni, capaci anche per la presenza al loro interno di figure forti o di spiccate personalità, di fare sintesi e generare entusiasmo e che si volgono più all’unione che alla divisione, ma sul piano concreto dimostrano insufficienza nel conseguire i risultati. Oppure governi o coalizioni capaci di amministrare in modo efficiente nel conseguire obiettivi importanti ma nel corso della gestione divengono carenti di quello spirito finalizzato, pur nelle divergenze, a creare partecipazione e superare le contrapposizioni. Nella storia del governo di Sassari vi sono esempi nell’uno e nell’altro caso.
Da qui, con questo spirito progettuale ad ampio spettro ne scaturiva nel 2019 la nascita della coalizione civica con l’individuazione di Nanni Campus come sindaco, l’unica in quel momento in grado di tracciare un percorso in discontinuità e porre le basi per uscire dalla stagnazione amministrativa ferma da qualche decennio.
In questi ultimi cinque anni bisogna riconoscere che Sassari è stata amministrata bene, con spirito di onesta e integrità. Lo dico sganciandomi da ogni angolazione di partigianeria visto che potrei apparire di parte avendo partecipato attivamente come amministratore al governo della città.
Tuttavia oggi dobbiamo prendere atto che questa forza di partecipazione civica sorta nel 2019 è venuta meno per esaurimento degli elementi costituivi indicati che l’avevano generata.
Se guardiamo ai fatti, ai numeri e a quanto di concreto è stato programmato e realizzato -sebbene non venga sufficientemente percepito dall’opinione pubblica- se guardiamo alle criticità derivanti dalle precedenti gestioni, a quello che era stato ereditato senza beneficio di inventario, al contesto storico connotato dalla pandemia mondiale che ha generato grande rallentamento delle azioni amministrative, se consideriamo i limiti in cui il governo cittadino dal 2019 si è trovato ad operare con un governo regionale impermeabile (basti solo pensare a come sono state declinate le risorse sull’intero territorio regionale nei rapporti nord sud dell’isola), l’ incapacità della politica nazionale di incidere sui temi essenziali, se aggiungiamo la paralizzante macchina amministrativa, la doppia burocrazia nazionale ed europea concausa pesante della patologia grave che affligge il Paese, ritengo che si debba giungere alla conclusione che non si potesse fare di meglio.
Sono partite le azioni per il riordino, la messa in sicurezza e la ricucitura della città, come base di svolta dal declino lascerà traccia indelebile perché Sassari si sviluppi e diventi in concreto fulcro centrale dell’intero territorio.
Occorrerà proseguire con azioni infrastrutturali e manutentive importanti soprattutto ove serve la grande collaborazione della Regione (su infrastrutture nevralgiche cittadine, prosieguo della ricucitura della città e del territorio, trasporti, mobilità, sociale, Ambito Plus socio sanitario, case popolari, Predda Niedda). Di favorevole c’è stato che la pandemia si è rivelata circostanza che ha contribuito e agevolato la liberazione di tante risorse grazie alla sospensione o rallentamento di quelle deliranti e asfissianti regole del patto di stabilità consacrato nel fiscal compact che- per come imposto dagli organismi europei e su cui ogni governo nazionale appare impotente- continua ed essere causa ostativa serissima al potere di promuovere strategie orientate allo sviluppo.
Quel Progetto che nasceva nel 2019 anche in funzione di far maturare la consapevolezza dei partiti tradizionali ha oggi esaurito irreversibilmente la sua ispirazione originaria e resta, per tutti, per chiunque andrà a governare la Città di Sassari un’eredità importante a disposizione.
Per cambiare una città servono non meno di 10 anni di buona amministrazione, un dialogo costruttivo e positiva interazione tra poteri e istituzioni, tra quello locale, regionale e nazionale. Chi governerà Sassari dovrà connotarsi da quegli elementi costituivi succitati che sono alla base di ogni legame e delle relazioni politiche in cui ci si deve sforzare di superare la dicotomia amico/nemico.
Fuori dalle logiche amico/nemico o da categorie storiche ormai fuori dal tempo, serve guardare alla qualità dei programmi e alla qualità della classe dirigente che devono avere la massima priorità ed evidenza.
I problemi della nostra città e del suo territorio sono rilevanti e richiedono continuità delle azioni e dei progetti ma allo stesso tempo serve creare massima condivisione e visione prospettica. Laddove si deve mettere al centro dell’azione politica un ascolto e un contradditorio più ampio e aperto, insieme a competenze amministrative che non si possono improvvisare.
I cittadini sono sempre meno disponibili a dare o rinnovare la propria fiducia a programmi insufficienti o velleitari, come pure meno disponibili a dare fiducia a figure di aspiranti sindaco il cui impegno è privo di concretezza riducendosi ad essere solo apparenza o scaturendo da ambizioni ove l’interesse generale è posto in secondo piano. Neppure basta più il distintivo “della destra” o “della sinistra” per qualificare in un modo o in un altro la qualità di un programma di vero rinnovamento.
Occorre un Sindaco ove tutti i cittadini si possano riconoscere, che alla risorsa della competenza ed esperienza consiliare unisca la capacità di ascolto, confronto e condivisione, in grado di creare senso di coesione e di neutralizzare quell’ indole genetica di Sassari tendenzialmente litigiosa, in una visione ampia e comune di interessi generali, facendo sintesi e rete, anche nelle naturali discordanze, non per generare rotture o divisioni ma unione, perché solo con l’unione si possono portare avanti al massimo grado gli interventi per la città e per l’intero territorio.
gianfranco meazza
Sassari, aprile 2024