Il declino e la Democrazia vuota

Pillole di riflessione sul destino dell’Italia e dell’Europa

Detta scelta di seguire la via europeista nei termini indicati nel Trattato di Maastricht ( e poi di Lisbona) ha frenato il processo storico volto alla maturazione politica, culturale e sociale. Questa  però è solo una delle cause del declino in cui versa il nostro paese.  

Si aggiungono le dinamiche dell’ideologia individualista e universalista che ha imperversato negli ultimi decenni, originata da fattori storici complessi di rilevanza mondiale.

Il punto in cui ci troviamo è di svuotamento dell’istituto della democrazia.

Della democrazia è rimasto solamente il nome, pura forma. Se andiamo a vedere come si attua, si apre un vulnus.

Il problema riguarda le democrazie occidentali.

Ciò che fonda la democrazia, è la possibilità che l’individuo si senta cittadino della Comunità, possa partecipare attivamente e con consapevolezza alle scelte.  Suo elemento costitutivo è che la sovranità popolare appartenga a tutti i cittadini, implicando la possibilità data a tutti di partecipare alla cosa pubblica, vale a dire di decidere quanto più possibile da soli ciò che li riguarda.

La vera democrazia è quindi soprattutto la democrazia partecipativa. Quando si parla di sovranità del popolo, come elemento costitutivo della democrazia, significa possibilità effettiva di partecipare alle scelte politiche.

Oggi invece i cittadini si sentono sempre meno partecipi e rappresentati.

La distanza tra i principi, i diritti e la sovranità e il modo come si attua la democrazia è sempre più grande. Il divario è divenuto incolmabile.

Oggi l’impianto normativo e istituzionale- su cui si regge l’ Unione Europea che detta le carte al paese Italia come a tutti gli altri paesi membri formalmente “democratici” –  è strutturato in modo rigido e, a monte, manca l’anima di una strutturazione collettiva direttamente legata alle coscienze e culture dei popoli. Manca l’autorità di governo politico, l’autorità di uno Stato con poteri di discrezionalità in grado di comprendere le esigenze e i bisogni, in grado di orientare e finanziare la crescita e di assumersi la responsabilità politica nei confronti della collettività.

Sono stati creati organismi frammentati, complesse norme tecniche che, nel supplire alla assenza dello Stato e della politica, viaggiano in tendenziale autonomia senza alcun controllo e partecipazione effettiva e consapevole dei cittadini.

Della democrazia è rimasta la sola forma della legalità, del contratto, dello scambio prevalentemente commerciale.

Se guardiamo alla storia delle civiltà constatiamo che nessuna società può risolvere i propri problemi senza la consapevolezza della appartenenza collettiva.

E’ da qui che dobbiamo ripartire e mettere a fuoco ove stiamo andando. Ovvero ripartire dal fatto che la strutturazione collettiva è elemento centrale della democrazia.  Non esiste solo l’ individuo con i singoli diritti intestati. La qualità di cittadino deriva dal fatto di appartenere ad un luogo, ad un territorio, ad una comunità. E l’appartenenza collettiva non può ridursi alla pura obbligazione negoziale ma deve coinvolgere l’ambito della cultura e dei costumi attraverso cui le persone possono riunirsi attorno ad esperienze comuni, così differenziandosi e creando identità.

Il concetto di democrazia non può essere estraneo a questo percorso storico. La democrazia nasce e si regge necessariamente proprio sulla presenza della autorità politica, di una tradizione comune, di una lingua comune,  di aspirazioni comuni, di una storia comune.

La democrazia va (ri)costruita dentro questo scenario di equilibrio tra individuo e organizzazione  sociale, che è(ra)  ben disegnata dai nostri Padri della Costituzione ma che poi è stata messa da parte in favore di un’altra narrazione, ormai gestita da organismi tecnici ove si  eleva il concetto di individuo e lo si sgancia dalla appartenenza, dalla strutturazione collettiva , dalla comunità.  

Sganciando il concetto di individuo dalla Comunità, tutto si racchiude nel desiderio dell’individuo- seppure attraente- di essere padrone di se stesso.  Pura enfatizzazione del pensiero liberale. Si vive per lavorare, la vita ha come scopo quello di avere, avere sempre di più, più denaro, più potere, avere successo e assumere una posizione migliore rispetto agli altri. Si è oggi giunti alla radicalizzazione del liberalismo tradotto in norma tecnica, per cui la vita e le decisioni di ciascun individuo devono dipendere solo da se stesso e non da forze esterne di qualsiasi tipo. “Voglio essere strumento dei miei stessi atti di volontà e non di quelli di altri. Voglio essere un soggetto, non un oggetto; voglio essere mosso da ragioni, da propositi consapevoli che siano proprio i miei e non da cause che mi condizionano”.

La rottura del nesso indissolubile tra individuo e formazione sociale svuota inesorabilmente di contenuto la democrazia, che diviene solo pura forma e principio con tutto ciò che ne deriva in termini di degenerazione del sistema istituzionale, disordine, conflittualità, malessere diffuso, rabbia,  caos sociale.

E’ quello che sta succedendo nelle “democrazie occidentali” che vivono di infinità di norme, di forme,  nell’ illusione che le norme  e le forme possano  tenere in vita l’intero sistema istituzionale.

Bisogna ri-costruire la Democrazia attuando i principi sanciti nella nostra Costituzione per portare a compimento quel senso di unità nazionale non ancora concluso e prendendo coscienza che nello spazio pubblico l’individuo non deve affermarsi solo come consumatore, ma come cittadino.

Dicembre 2024

Gianfranco Meazza

Presidente Identità e Costituzione ets