Onus probandi incumbit ei qui dicit.
Chi eccepisce l’inefficacia di determinati fatti o eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
Ne discende che il mancato assolvimento dell’onere della prova e della prova dell’inesatto adempimento comporta il rigetto della domanda.
Liquidazione quota sociale
In tema di società di persone, il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dall’art. 2263 c. 2 c.c. per il socio d’opera vale anche in caso di scioglimento della società limitatamente a quest’ultimo; pertanto, se il contratto sociale non determina la quota spettante al socio uscente, ai fini della liquidazione, il valore di essa viene fissato dal giudice in base ad una valutazione equitativa, la quale, sebbene consenta di dare rilievo alla particolare natura della prestazione resa, per risultare conforme a diritto e non sconfinare nell’arbitrio deve basarsi sulla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento“ (Cass. Civ. n. 4260/20; conf. n. 3980/01; v. n. 22346/21: “Ciò fermato, non potrebbe comunque ritenersi causa esimente – dal rispetto del dato temporale fissato dalla norma dell’art. 2289 c. 2 c.c. – l’ipotetica assenza di una documentazione nel concreto idonea. Posto l’effettivo manifestarsi di una simile eventualità, soccorrerà semmai il ricorso a criteri sostitutivi, quand’anche di carattere presuntivo ove opportunamente giustificati”; v. anche n. 5449/15 e n. 24769/18).
Si deve dunque ritenere che l’attore mancava di assolvere al proprio onere di documentare almeno parzialmente quale fosse la situazione patrimoniale della società alla data della sua fuoriuscita né forniva utili elementi per determinare quantomeno in via equitativa l’entità dei guadagni e delle perdite.
(Corte d’appello di Cagliari, Sez. distaccata di Sassari, sentenza 289 del 07.09.2023).
Art. 2289 – Liquidazione della quota del socio uscente
[I]. Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio [2284–2286], questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota.
[II]. La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento.
[III]. Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.
[IV]. Salvo quanto è disposto nell’articolo 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.
Responsabilità sanitaria e “perdita di chance”
Si deve qui richiamare e condividere la recente pronuncia di legittimità C. Cass. n. 28993/19 che delimita i confini del danno-evento “perdita di chance”: “per integrare gli estremi del danno risarcibile, la perdita di chance (giusta l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte in tema di danno non patrimoniale: Sez. U n. 26792 del 11/11/2008) dovrà peraltro attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà, consistenza, rispetto ai quali il valore statistico/percentuale – se in concreto accertabile – potrà costituire al più criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto, onde distinguere la concreta possibilità dalla mera speranza (la sottrazione di un biglietto della lotteria appare irrilevante a fini risarcitori), senza che ciò costituisca (come erroneamente opinato talvolta in dottrina) una “contraddizione in termini costituita dalla possibilità di istituire un nesso causale fondato sul più probabile che non con un evento di danno rappresentato da una possibilità non probabile”, essendo evidente, in tale ricostruzione, la confusione concettuale tra l’analisi del nesso eziologico e quella dell’evento di danno lamentato.
(…) La connotazione della chance – intesa, al pari di ogni altra conseguenza della condotta illecita, non come regola (a)causale, ma come evento di danno – in termini di possibilità perduta di un risultato migliore e soltanto eventuale non esclude né elide, difatti, la necessaria e preliminare indagine sulla relazione eziologica tra la condotta e l’evento (in senso difforme, non condivisibilmente, Cass. n. 21619 del 16/10/2007): è priva di consistenza, pertanto, l’obiezione secondo cui l’ineludibile incertezza dell’evento non potrebbe non riverberare i suoi effetti sulla ricostruzione del nesso causale che, viceversa, sostanziandosi in una relazione probabilistica tra fatti (destinata a sfociare in un giudizio di accertamento sul piano processuale), si pone su di un piano del tutto speculare rispetto a quello rappresentato dall’incertezza eventistica (i. e. dal sacrificio della possibilità di un risultato migliore).
(…) L’attività del giudice dovrà, pertanto, muovere dalla previa disamina della condotta (e della sua colpevolezza) e dall’accertamento della relazione causale tra tale condotta e l’evento di danno (la possibilità perduta, ovverossia il sacrificio della possibilità di conseguire un risultato migliore), senza che i concetti di probabilità causale e di possibilità (e cioè di incertezza) del risultato realizzabile possano legittimamente sovrapporsi, elidersi o fondersi insieme: la dimostrazione di una apprezzabile possibilità di giungere al risultato migliore sul piano dell’evento di danno non equivale, in altri termini, alla prova della probabilità che la condotta dell’agente abbia cagionato il danno da perdita di
chance sul piano causale.
(…) La chance si sostanzia, in definitiva, nell’incertezza del risultato, la cui “perdita”, ossia l’evento di danno, è il precipitato di una chimica di insuperabile incertezza, predicabile alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo rapportate alle condizioni soggettive del danneggiato. Tale evento di danno sarà risarcibile a seguito della lesione di una situazione soggettiva rilevante – che pur sempre attiene al “bene salute” – sempre che esso sia stato allegato e (con particolare riguardo al diritto all’autodeterminazione, inteso anche in termini di possibilità di “battersi” consapevolmente per un possibile esito più favorevole dell’evolversi della malattia) provato in giudizio nella sua già ricordata dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza, e non già soltanto in base alla pura e semplice relazione causale tra condotta ed evento, in guisa di danno in re ipsa”.
E, ancora, la perdita di chance sarà sussistente nell’ipotesi in cui “la condotta colpevole del sanitario ha avuto, come conseguenza, un evento di danno incerto: le conclusioni della CTU risultano, cioè, espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all’eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo. Tale possibilità – i.e. tale incertezza eventistica (la sola che consenta di discorrere legittimamente di chance perduta) – sarà risarcibile equitativamente, alla luce di tutte le circostanze del caso, come possibilità perduta – se provato il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici tra la condotta e l’evento incerto (la possibilità perduta) – ove risultino comprovate conseguenze pregiudizievoli (ripercussioni sulla sfera non patrimoniale del paziente) che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza”.
Quanto all’accertamento del nesso di causalità, la possibilità di accertamenti e trattamenti diagnostici tempestivi e, quindi, di un diverso percorso terapeutico andrebbe a confermare la causalità stante la possibilità di una diversa progressione della malattia, con eventuale maggiore sopravvivenza in vita.
In altre parole, l’indagine sulla causalità riguarda la perdita, da parte del paziente, della possibilità di vivere più a lungo a causa dell’inadempimento altrui.
In applicazione dei predetti principi, si ritiene che la condotta omissiva colposa dei sanitari aveva seriamente e apprezzabilmente ridotto la possibilità di guarigione/trattamento della malattia ischemica intestinale e aveva conseguentemente limitato la più lunga sopravvivenza della paziente.
(Tribunale di Sassari, I sez. civile, 819/2023).
Periodo pandemico: obbligo del conduttore di corrispondere il canone di locazione
Il Legislatore, nell’emergenza pandemica da Covid 19, ha qualificato la mancata corresponsione del canone come inadempimento e non ha disposto l’esonero dal pagamento dello stesso, ma solo che si possa escludere la responsabilità del debitore. Il d.l. 23 febbraio 2020 n.6, convertito con modificazioni dalla l. 5 marzo 2020 n.13, all , co.6 bis, ha previsto, difatti che : il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti .
Deve ritenersi che la parte locatrice richiedendo l’integrale pagamento del canone, ha legittimamente esercitato un proprio diritto contrattuale e la rinuncia al medesimo tramite il raggiungimento di un accordo con la controparte è da considerarsi sicuramente un importante sacrificio che non può essere in alcun modo preteso. ( Tribunale Ordinario di Sassari, sent. 637/2022).
https://www.gianfrancomeazza.it/wp-content/uploads/2022/11/Trib-Sassari-sent-637-2022.pdf
Proprietà e Brevetti
I marchi sono confondibili allorché il pubblico di riferimento possa credere, in ragione della loro somiglianza, che i prodotti o i servizi contrassegnati provengano dalla stessa impresa ovvero presentino un nesso, provenendo da imprese economicamente collegate.
Decisione della Commissione Ricorsi Roma contro i Provvedimenti dell’Ufficio Brevetti e Marchi, sentenza 101/2022.
Sentenza 101 2022 Commissione ricorsi brevetti Roma
Sono impignorabili le somme su conto corrente, se il saldo è negativo e le singole rimesse affluiscono sul conto.
In ipotesi di contratto di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo, atteso che il contratto in questione dà luogo ad un rapporto giuridico unitario, composto da poste attive e passive, che non si risolve a seguito del pignoramento.
Accordi patrimoniali tra coniugi: non è necessario l’atto notarile per il trasferimento di immobili
Gli accordi, se inseriti a verbale del giudizio in sede di omologazione o divorzio hanno natura pubblica e sono presupposto sufficiente per consentire il trasferimento del diritto e la trascrizione ex art. 2657 c.c senza necessità di fare il passaggio notarile.
Finalmente si risolve una questione che già da tempo doveva essere risolta in questo senso, per l’evidente origine e natura dell’accordo e che consente un significativo risparmio di costi.
Responsabilità del Proprietario su lavori eseguiti in appalto
“Il proprietario il quale faccia eseguire opere di escavazione nel proprio fondo risponde direttamente del danno che derivi alle proprietà confinanti, anche se ha dato in appalto l’esecuzione delle opere, e ciò indipendentemente dal suodiritto ad ottenere la rivalsa nei confronti dell’appaltatore, la cui responsabilità si aggiunge alla sua, ma non la esclude; la responsabilità del proprietario committente non opera tuttavia in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, poiché l’autonomia con cui vengono eseguiti i lavori determina, di regola, una responsabilità esclusiva in capo all’appaltatore, a meno che il committente non si sia ingerito con direttive vincolanti, così da ridurre l’appaltatore, attenuandone o escludendone la responsabilità, al rango di “nudus minister”, in parte o “in toto” ovvero quando la responsabilità del committente si fondi su una “culpa in eligendo”, per aver affidato l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea.” ( Corte d’Appello di Cagliari, Sez. Distaccata di Sassari, 13.11.2020).
Obbligo al mantenimento di figlio maggiorenne
L’obbligo al mantenimento (nel caso di coniugi separati) cessa ove l’avente diritto, da considerarsi ex lege il figlio maggiorenne, abbia conseguito l’indipendenza economica o al contrario, non l’abbia conseguita per propria colpevole inerzia,
La cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto (Cass. Ord. n.5088/2018).
(Tribunale di Cagliari, Decr. rigetto 11997/2018)